1° Incontro – 9 Novembre 2018

“Dove ogni parola diventa Nome e ogni ferita può diventare feconda”. In preghiera con i salmi

 Vogliamo regalarci anche quest’anno un tempo che possa aiutarci a dare profondità alla nostra vita, nel nostro impegno quotidiano di uomini e di donne che non hanno paura di riconoscere le proprie ferite.

Il titolo della scuola di preghiera per me è importante: “I salmi: dove ogni parola diventa Nome e ogni ferita può diventare feconda”. Vorrei davvero, particolarmente in quest’anno, che la nostra vita sia dentro alla scuola di preghiera, e non fuori. Perché il rischio di tutte le cose di Chiesa: Messa, preghiera, gesti di carità, è che noi queste cose le facciamo, ma il nostro io profondo è da un’altra parte. Facciamo cose belle e buone, ma non siamo presenti.

Vorrei davvero allora che in questo percorso che facciamo una volta al mese ci fossimo, non solo con l’ascolto o gli appunti, ma con tutta la nostra persona, anche con le nostre ferite.

Allora ho scelto di farci guidare dai Salmi, perché i salmi ci abituano esattamente a questo: essere presenti al cospetto di Dio. La vita di ogni giorno può essere vissuta con i Salmi al cospetto di Dio.

Mi sembra bello che questa sera siamo qui come Chiesa diocesana che si riunisce senza scopo, gratis. Perché questa è la preghiera: stare al cospetto di Dio gratis e senza scopo.

Ho intitolato questo primo incontro La preghiera: caso serio della fede, perché senza preghiera la fede diventa inevitabilmente attivismo o ideologia.

Perché è importante riscoprire come cuore della nostra fede l’esperienza del pregare? Perché la preghiera ha a che fare con l’interiorità, con il nostro mondo interiore e profondo.

Quanto spesso anche nelle nostre esperienze di Chiesa l’interiorità è come se non ci fosse. Siamo tutti proiettati in quello che facciamo, in quello che produciamo, ma il modo di oggi avverte un disperato bisogno di interiorità. E se l’uomo non la trova nelle nostre “cose di Chiesa”, la va a cercare da un’altra parte. Quindi, ritrovare la via della preghiera non significa isolarsi, ma ritrovando la via della preghiera ci troveremo in ogni uomo, saremo vicini ad ogni uomo perché in ogni uomo c’è uno spazio insaturo abitato dal mistero.

Senza la preghiera conosciamo, appunto, le “derive” della fede: la deriva moralista, la scorciatoia del rito, la deriva culturale, l’attivismo… e alla fine della giornata di queste derive non ne possiamo più!

La preghiera serve per ritrovare il respiro e ritrovando il respiro, ritrovare il Dio della nostra vita. Rischiamo, altrimenti, come si era ritrovato a dire anche San Vincenzo de Paoli, di “sentire l’essenziale sfuggirci”.

Abitata dalla preghiera la fede diventa l’esperienza di una felice e affettuosa relazione con il Dio della vita… Ci arriviamo magari dopo un percorso lungo e faticoso, come era successo a Tommaso uno dei dodici, che alla fine però è arrivato a quella bellissima professione di fede: “Mio Signore e mio Dio”.

La fede che diventa relazione non elimina la fatica. Non vergogniamoci della fatica del pregare, anzi, chiediamo il dono della perseveranza, anche quando ci sembra di non pregare mai e che pregare sia tempo perso. Chiediamo il coraggio di stare in questa fatica, di abitare questa fatica.

Ecco allora la scelta del libro dei Salmi, perché esse ci aiutano a ritrovare questa dimensione dell’interiorità della preghiera.

I Salmi sono il libro degli affetti perché in esso sono presenti tutte le nostre emozioni e i nostri affetti. È un libro affettuosamente molto carico e nella preghiera dei Salmi i nostri affetti sono illuminati, purificati, convertiti. Gli affetti che a volte sono come un vortice caotico dentro di noi, ci sconvolgono, non ci lasciano in pace, non ci fanno dormire, nella preghiera dei salmi sono orientati dentro un orizzonte, un ordine di vita.

La preghiera, allora, diventa inclusiva di tutti i sentimenti che proviamo, della nostra stessa vita e i salmi aiutano a passare dal “dire” preghiere al “pregare”.

Nei Salmi troviamo espressa tutta la gamma dei sentimenti che fanno parte della nostra esistenza quotidiana, anche quelli negativi (cfr i salmi imprecatori – Sal 59,14), e forse avere la possibilità di dire nella preghiera quello che di solito censuriamo può aiutare a risolverlo.

Ci sono dei versetti dei Salmi che possiamo imparare a memoria e che ci possono aiutare nel cammino, che si legano alla nostra esperienza di vita, che possono diventare una perla preziosa che conosciamo solo noi e Dio…

Questa sera mi venivano in mente alcuni versetti di Salmi che parlano del cominciare e ricominciare: Sal 63,2-4; Sal 17,15, Sal 57,9,…

Come scriveva Atanasio di Alessandra in Lettera all’amico Marcellino: “nel libro dei salmi… chi ascolta capisce e impara a conoscere i moti della propria anima, e dopo aver conosciuto le passioni che lo fanno soffrire e lo tengono prigioniero, può ancora ricevere da questo libro un modello di ciò che deve dire”.

Ciascuno di noi, quindi, può arrivare a comporre un suo Salmo… (ascoltiamo il canto-salmo composto da Fabrizio De Andrè “Preghiera in gennaio”)

Questa sera ci soffermiamo sul salmo 30 (29):

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,

non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.

Signore, mio Dio, a te ho gridato e mi hai guarito.

 

Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,

mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,

della sua santità celebrate il ricordo,

perché la sua collera dura un istante,

la sua bontà per tutta la vita.

Alla sera ospite è il pianto

e al mattino la gioia.

 

Ho detto, nella mia sicurezza:

“Mai potrò vacillare!”.

Nella tua bontà, o Signore,

mi avevi posto sul mio monte sicuro;

il tuo volto hai nascosto

e lo spavento mi ha preso.

 

A te grido, Signore,

al Signore chiedo pietà:

 

”Quale guadagno dalla mia morte,

dalla mia discesa nella fossa?

Potrà ringraziarti la polvere

e proclamare la tua fedeltà?

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,

Signore, vieni in mio aiuto!”.

 

Hai mutato il mio lamento in danza,

mi hai tolto l’abito di sacco,

mi hai rivestito di gioia,

perché ti canti il mio cuore, senza tacere;

Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Questo salmo potremo definirlo come la memoria grata di un percorso difficile, strutturata intorno all’invocazione del nome del Signore:

v.3    Signore, mio Dio…

  1. 9 Signore
  2. 13 Signore, mio Dio

Il Salmo ci suggerisce che pregare è confessare il nome del Signore e riconoscere il percorso esistenziale che abbiamo fatto insieme a Lui.

Nei salmi ci sono due dimensioni fondamentali: la supplica e la lode. Pregare è chiedere, domandare ciò di cui abbiamo bisogno e lodare per quanto ricevuto. Un problema che stiamo vivendo può diventare l’occasione per pregare, supplicare, chiedere che Dio ci tolga un peso.

Nella preghiera sperimentiamo che il nostro grido è rivolto a un “Tu”. Nell’ora del dolore c’è “Tu” che ci ascolta, un “Tu” che ci precede, che sta dentro la nostra instabilità.

Nel Salmo 30 troviamo un’alternanza di stati d’animo differenti, è “un’altalena” di sentimenti, che rispecchia quello che accade nella nostra vita, ma alla fine il Salmista riconosce la guarigione da parte di Dio dandone anche una motivazione: “perché ti canti il mio cuore, senza tacere”.

Egli capisce il senso della nostra esistenza: “essere a lode della gloria di Dio”… questa è la via della gioia.