Il contesto così particolare di questa celebrazione ci invita a guardare insieme, nel loro legame ma anche nella loro differenza, la croce di Gesù e la croce dei nostri fratelli: i malati, innanzi tutto, ma anche chi li cura, i familiari. I morti.

Celebriamo la Passione del Signore, nell’ascolto delle sillabe preziose del vangelo e nella adorazione della Croce.

E questa celebrazione della Croce ci “rivela il mistero di Dio. Lo fa vedere non come lo aspetteremmo, ma fa vedere che Lui è com’è: che Dio è Dio a suo modo e non a modo nostro” (Moioli).

Ma ci rivela anche il mistero dell’uomo. Perchè “anche noi siamo come non ci aspettremmo di essere. Se, infatti, è vero il rapporto, da come è Dio in confronto a noi, risulterà anche come noi siamo” (Moioli).

Ed è sul modo di amare che si misura, in definitiva, la vicinanza e la distanza tra noi e Dio. Perchè sulla Croce si compie davvero la dismisura del suo amore per noi. Mentre noi sappiamo bene che il nostro amore “è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce” (Os 6,4). E che si amare e tradire contemporaneamente, come Pietro, come Giuda…

Ecco perché siamo qui: per volgere lo sguardo all’Uomo della Croce e per imparare da Lui ad amare, a trafficare nell’amore la nostra vita. Perchè, per grazia, “noi diventiamo Colui che contempliamo” (S. Leone Magno). E la testimonianza di tanti in questo tempo difficile (penso ai medici, ma non solo) ci dice che davvero si può imparare ad amare, e a fare della propria vita un dono.