Pentecoste è compimento e pienezza della Pasqua e non per caso il passo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato ci riporta alla “sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei”.

All’alba, Pietro e il discepolo amato erano corsi al sepolcro e lo avevano trovato vuoto, e poi Gesù si era manifestato a Maria di Magdala; ma tutto è ancora confuso, e i discepoli si nascondono, per paura di finire come Gesù, o forse anche per cercare di capire qualcosa di quello che era successo: possiamo immaginare il loro cuore in tempesta, il loro smarrimento e le loro domande…

“Venne Gesù, stette in mezzo… Mostrò loro le mani e il fianco… Soffiò e disse loro: ‘Ricevete lo Spirito Santo'”. E il cuore in tempesta si apre: la storia non è finita, il fianco trafitto diventa sorgente di vita e nasce il mondo nuovo.

Ai discepoli, ricreati in quel soffio (Giovanni “riscrive” il testo di Gen 2!), è consegnata la missione: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”.

Mi colpisce molto questa cosa: a Pasqua la storia ricomincia nel segno del perdono. Forse, vi è qui una indicazione da accogliere, in questo tempo di convivenza col virus e di progettazione di un tempo nuovo. Perchè il perdono non è buonismo, o condono a poco prezzo, ma forza trasformatrice di noi stessi e della realtà, come la forza di un educatore che vede in una vita fragile o storta un futuro di bellezza, o come la forza che a tutti noi sarà necessaria per fare bene, con onestà e competenza, il nostro dovere, in questo tempo di grande crisi sociale ed economica.

Altrimenti continuare a dirci che “ce la faremo” rischia di essere un po’ banale. Nello Spirito di Pentecoste, invece, l’impossibile di un mondo nuovo diventa possibile. Perchè l’incontro col Risorto accade realmente e cambia la vita dei discepoli facendosi misericordia. Occorre ricominciare di qui.