Oggi, mentre si compie, nella festa solenne di Cristo Re, il cammino di un anno (domenica già sarà Avvento!), si compie anche un tratto fondamentale del cammino di Luis: oggi diventi prete! E noi siamo felici per te, e in qualche modo vogliamo oggi essere tuoi discepoli! Vogliamo imparare da te a non trattenere, per pigrizia o per paura, la nostra vita, ma a farne dono generoso.

Oggi, infatti, nel dono, la tua vita prende per sempre la forma del pastore, il cui stile è descritto da Ezechiele, nei verbi che abbiamo ascoltato, i verbi del pastore: cercare, aver cura, condurre, far riposare, ricondurre, fasciare, curare…Con l’autorevolezza di un padre, e la tenerezza di una madre. Come Gesù. Perché, per pura grazia, la tua vita prende la forma di Gesù, che ripete a ciascuno di noi la parola dell’evangelo: “venite!”. Pastore che invita, che include, che chiama…

Da oggi, come Pastore, dedicherai per sempre la tua vita alla Chiesa di Dio che è in Savona. Perchè così ha da essere la vita del pastore: una vita dedicata, esposta. Una vita in uscita. “Qualcuno deve sporgersi oltre la propria fame, affinché tutti siano saziati” (Sequeri): “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”.

Ma appunto questa è la meraviglia del vangelo che abbiamo appena ascoltato: quando offrirai il cibo e l’acqua da bere alla gente che ti sarà affidata, quando li ospiterai nel tuo cuore o andrai in ospedale a visitarli, senza saperlo, nutrirai, ospiterai e visiterai Gesù, l’unico vero Pastore!

Ricordo al riguardo con molta gratitudine una parola sapiente dettami in anni davvero lontani dall’allora Patriarca di Venezia, card. Cè: “fatti prete per Gesù, non per la Chiesa!”. Certo, una vita dedicata ai fratelli, nella Chiesa di Savona, ma, soprattutto, una vita capace di riconoscere nei fratelli la presenza di Gesù. Una vita, allora, innanzi tutto, dedicata a Gesù, amato con tenerezza, cercato nel silenzio della preghiera, riconosciuto nel pane spezzato, nelle sillabe preziose del vangelo, nel volto sfigurato dei poveri. Una vita da figlio e discepolo, allora, prima ancora che da pastore: “perché non si è prima discepoli e poi maestri, ma si rimane discepoli per sempre”. Se non restiamo figli e maestri diventiamo infatti rigidi e direttivi, capaci di riconoscere bene la pagliuzza che è nel fratello, ma senza occhi per vedere il nostro peccato e la nostra sklerocardia!

Ancora una cosa voglia dire a te e a tutti noi: non soltanto oggi diventi presbitero, ma entri nel nostro presbiterio. Te lo chiedo con forza (e lo chiedo a me stesso e a tutti i confratelli presbiteri): non essere mai un presbitero senza presbiterio! Perché, come dicevo nei giorni di Pasqua, alla Messa del Crisma, “la fraternità nel presbiterio non è innanzi tutto un impegno morale, ma “comporta originariamente un atto di fede”. Sarà questa fraternità spirituale che ti consentirà di vivere la tua dedicazione alla Chiesa di Dio che è in Savona non come un vestito stretto o un dato solo giuridico, ma come esperienza spirituale e, perfino, affettiva.

Il presbiterio, poi, dentro la Chiesa! Perché non siamo una casta e i nostri fratelli laici, battezzati e cresimati, non sono vasi da riempire o pedine da usare per organizzare la Parrocchia, ma donne e uomini da amare, come ha fatto Gesù, che per loro ha dato la vita; sono sorelle e fratelli con i quali camminare, fare sinodo, nella comune obbedienza all’unico vangelo.

Questi allora i poli fondamentali, da oggi in poi, della tua vita: l’amicizia con Gesù, la dedicazione alla Chiesa, il presbiterio, le sorelle e i fratelli con i quali vivere la fede e il discepolato.

Mi piace farti dono di qualche parola scritta, il 28/3/1942, da don Primo Mazzolari, a don Emilio Gandolfo, che ho avuto la grazia di conoscere e dal quale ho imparato molto, nel giorno della sua prima Messa: “qualche fiore, come adesso sui mandorli, cadrà. Tu ne sei preparato: anche alla nudità dell’Altare, anche a una Croce spoglia e arsa. Ora però è bene che tu canti con tutta l’anima, poiché credere è anche poesia, offrirsi è la più alta poesia, quella che nessuno potrà strapparci”.

Voglio concludere come parlandoti a tu per tu, quasi fossimo soli, in questo momento: “porta il cuore dovunque andrai, metti passione nel tuo ministero. “Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera” (Bobin): vorrei che quanto è stato detto di Gesù potesse essere detto anche di te! Sii pastore con addosso l’odore delle pecore, e non funzionario del sacro. E’ meglio sbagliare per troppa passione, che non sbagliare mai per troppa pigrizia. Come sarebbe bello, Luis, se i giovani, vedendoti, potessero dire: “però, è bello perdere la vita per Dio e per gli altri, come sta facendo Luis”. In questo tuo cammino del credere e dell’offrirti, ti prometto, ma ti promettiamo tutti, che ti saremo vicini”.