Assemblea del clero diocesano
Seminario, 9 ottobre 2019
Il Sinodo diocesano: come lo vorrei
Intervento introduttivo del vescovo Calogero Marino
Ho desiderato che quest’incontro coinvolgesse tutto il clero e i religiosi, perché nessuno rimanga escluso o spettatore nei confronti del cammino sinodale. Il Sinodo è stato deciso nel maggio scorso durante una riunione congiunta del Consiglio pastorale e del Consiglio presbiterale. Cerco di comunicarvi l’ispirazione di quest’avventura sinodale, che desidero sia più possibile inclusiva e coinvolgente.
Una preoccupazione che ho: è vero che è un tempo difficile per celebrare un sinodo diocesano, ma mi chiedo: quando il tempo non è difficile o non opportuno? La principale difficoltà dipende anzitutto da una ragione che prescinde da noi: il cambiamento d’epoca di cui parla spesso Papa Francesco. Fare un Sinodo in un cambiamento d’epoca non è facile, perché la terra è friabile e non è così certa. C’è poi anche una ragione interna, una certa fragilità e friabilità della nostra chiesa, che è data anche dal numero del clero. Siamo una piccola chiesa, ma lo dico con convinzione profonda: siamo una chiesa bella.
Esistono ancora alcune divisioni all’interno della diocesi, fatiche relazionali, e talvolta sono emerse nelle occasione dei cambi di parrocchia. Tutto ciò potrebbe essere un motivo per non fare un sinodo ma anche un motivo per farlo, per riscoprire la fraternità tra noi e avviare una svolta. L’elemento fragile può diventare un punto di forza nel cammino.
Quando sono arrivato a Savona, non pensavo di celebrare un Sinodo, ma poi mi sono convinto che, nella nostra gente, c’è un desiderio di partecipazione e coinvolgimento che va fatto emergere. E’ un Sinodo che ha qualche rischio, ma quello in corso sull’Amazzonia ne presenta certamente di più. Allora forse vale la pena che lo vediamo come un grembo che può generare opportunità nuove.
Come penso il Sinodo? Il titolo suona: “Chiesa di Savona prendi il largo, confidando”. L’invito è a confidare nel Signore, come Pietro in occasione della pesca miracolosa. Il Signore non ci abbandona, anche in questo cambiamento d’epoca. Il discorso di san Giovanni XXIII nel 1962 ha un’ispirazione sempre attuale nel dissentire dai profeti di sventura. L’orizzonte di fondo non deve essere per forza quello dell’accrescimento (l’idolo della crescita di tanta politica!), perché certe chiese sono esemplari proprio nella loro piccolezza, come quella di Gerusalemme.
Io penso il Sinodo come una convocazione liturgica della nostra chiesa per confessare la nostra fede in Cristo. I Sinodi della chiesa antica erano soprattutto questo, una grande convocazione liturgica ed eucaristica per confessare la fede pasquale. E’ quella l’ispirazione centrale, come si ritrova ad esempio nel manifesto del sinodo confessante di Barmen, ispirato da Barth e Bonhoeffer contro il nazismo: “Gesù Cristo, come ci viene testimoniato dalla Sacra Scrittura, è l’unica Parola che dobbiamo ascoltare e a cui prestare obbedienza in vita e in morte, e Gesù Cristo è l’unico Signore”. Questa è la condizione perché il Sinodo non sia solo una pratica di risistemazione delle strutture. Papa Francesco, nel suo discorso alla chiesa di Roma, ha ricordato che non si fa un Sinodo per sistemare la cose ma per “reggere lo squilibrio”.
Si tratta quindi di un’avventura in cui non abbiamo tutto sotto controllo. Non so come andrà a finire il Sinodo, speriamo che i risultati siano all’altezza del bisogno della nostra chiesa. Occorre un fraterno, reciproco riconoscimento, sapendo che nella chiesa non esiste un’unica strada per dire il Vangelo ma ve ne sono molte. Occorre quindi saper riconoscere la strada dell’altro come diversa dalla mia ma altrettanto valida: non è irenismo ma crescita in uno stile pastorale condiviso. Un esempio: tanti problemi che fino a qualche decennio fa esistevano tra movimenti ecclesiali laicali ora sono superati perché si è capito che ci possono essere cammini diversi ma altrettanto validi per declinare la fede cristiana. La fraternità nella chiesa deve partire dalla fraternità tra noi presbiteri, è anzitutto un atto di fede. Si può vivere da fratelli senza essere per forza amici!
Da questa convinzione sgorgano e devono sgorgare conseguenze ben precise. Siamo abituati a ragionare in termini di aut aut, ma possiamo abituarci all’et et: confessione di fede e riforma strutturale della chiesa possono andare insieme, è una tensione tra due poli da tenere viva. Il cammino sinodale deve essere scandito, secondo me, da questi quattro passaggi:
1) Una lettura sapienziale ed orante della nostra realtà. Non sarà una lettura sociologicamente perfetta, perché una indagine di questo tipo costa e potrebbe non essere utilissima per noi. Meglio attivare alcuni “esploratori” che vivono nel territorio ed operano in ambiti fondamentali della vita civile.
2) Discernimento comunitario, che farà l’assemblea sinodale ma anche ogni parrocchia e il popolo di Dio, con un ascolto allargato che cerchi di raggiungere tutti. Nell’ultimo numero del Regno documenti don Dianich, parlando della sinodalità, afferma provocatoriamente che ogni credente va interpellato perché, se questi non ci fosse, ne perderebbe tutta la chiesa. Il Sinodo non può essere solo clericale, come era stato quello del 1955. Ogni voce va ascoltata e nessuna voce va conformata al pensiero dominante. Quando una chiesa si fa piccola, deve essere capace di ascoltare ed accogliere tutte le voci.
3) Maturazione del consenso: l’assemblea sinodale, nel lavoro assembleare e in quello a commissioni, dovrà maturare un consenso il più possibile inclusivo. Andranno praticati gli strumenti dell’ascolto, nello scrivere insieme un testo: il sinodo deve essere un’occasione di scrittura collettiva.
4) Applicazione delle decisioni prese sinodalmente, perché il Sinodo non rimanga sulla carta: è un passaggio anch’esso decisivo.
Saranno attivati soggetti diversi nelle quattro tappe del cammino. Quale è allora l’obiettivo? Prendere il largo, nel senso in cui lo intende Evangelii gaudium al numero 27: non la preservazione della chiesa di Savona ma l’evangelizzazione. Il Sinodo deve trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio diventino strumenti per evangelizzare il mondo attuale e non per preservare la chiesa. La riforma delle strutture si può intendere solo in questo senso, e deve favorire la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Abramo partì senza sapere dove andava, così sarà anche il nostro Sinodo: non può essere preparato tutto prima. Il Vaticano II andò così: si erano preparati molti testi ma lo Spirito rovesciò i tavoli e si arrivò a conclusioni diverse da quelle previste.
E’ importante il ritorno del lavoro sinodale nella parrocchie: più materiale si fornisce all’assemblea sinodale, più si permette all’assemblea sinodale di lavorare bene. I quattro incontri di novembre, in cui sarà consegnato il materiale di lavoro, sono importanti, e spero che siano partecipati. Sono contento di come sono stati partecipati gli incontri per la revisione del catechismo e mi auguro che sia così anche per il Sinodo, che non deve essere ridotto ad un evento per addetti ai lavori. Spero che la lettera pastorale e la scuola di preghiera diano un contributo spirituale al Sinodo: si sono scelte immagini povere (la zolla del regno, il grano) per aiutare a riflettere sulla chiesa in modo non troppo ecclesiocentrico.
Interventi in assemblea e risposte del vescovo
Come recuperare il lavoro dei tavoli?
Bisogna ascoltare anche persone non del nostro giro, ci vuole aria nuova.
Come verranno eletti i membri dell’assemblea? E’ giusto che ogni vicaria, al di là della propria consistenza numerica, elegga lo stesso numero di rappresentanti? (don Germano Grazzini)
Alla terza domanda la risposta è già data dalla normativa del Sinodo.
E’ giusto il criterio della rappresentatività, ogni vicaria forse deve essere rappresentata in base alla sua consistenza numerica
Bisogna considerare quanto gli uffici pastorali hanno prodotto di interessante in questi anni: va recuperato (don Antonio Ferri)
Stiamo cercando persone che possano aiutarci a capire cosa è un Sinodo, e queste persone possono anche non essere del “giro” ecclesiale. E’ positivo che vengano a parlare all’assemblea sinodale persone non appartenenti al mondo ecclesiale.
Alcuni nomi possibili da invitare: don Pino Ruggeri, Enzo Bianchi, Stella Morra…
Come collegare questa chiamata di “esterni” con la esigenza concreta di riformare la nostra chiesa? (don Giuseppe Noberasco)
E’ giusto che ci siano ascolti qualificati sull’essere chiesa sinodale, ma il tempo dell’assemblea deve essere dedicato alla riflessione su tanti aspetti della nostra chiesa, tenendo sempre chiaro l’orizzonte di fondo. Anche le schede che saranno date alle parrocchie devono servire per riflettere su tanti aspetti della nostra chiesa.
Mai perdere di vista l’orizzonte: come evangelizzare oggi? Non cercare solo l’efficienza o rispondere alle provocazioni che vengono dall’esterno. Sinodalità e anche un modo per essere chiesa, e ciò è già annuncio. Occorre evitare il rischio di chiusure autistiche della nostra chiesa. Prendere il largo vuol dire ripensare il concetto stesso di parrocchia (don Riccardo Di Gennaro)
Il vantaggio è che l’assemblea è composta soprattutto da laici, e ciò può dare un volto non clericale alle scelte sinodali.
Tema dello squilibrio. Il Papa alla diocesi di Roma diceva che la prima tentazione è: dobbiamo risistemare la città e la diocesi. No, perché sarebbe come addomesticare i cuori delle persone, sarebbe mondanità e spirito anti evangelico. Oggi siamo chiamati a reggere lo squilibrio e prendere lo squilibrio tra le mani. Il Papa aggiunge che il clericalismo è cominciato quando gli apostoli hanno detto: congeda la gente perché cerchi da mangiare. La tentazione di sistemare le cose. Allora è doveroso che il Sinodo cerchi qualche strada, ma dentro questa tensione: non si deve ricostruire per forza quello che c’era in precedenza. Bisogna anche saper tagliare e non portare avanti tutto. Documento finale del Sinodo: va bene raccogliere tutte le istanze ma con discernimento: alcune cose vanno lasciate, altre tenute. Non avere l’ansia di mettere tutto (don Adolfo Macchioli)
E’ importante anche una efficace calendarizzazione, la gente non va schiacciata con troppi pesi (padre Saverio Gavotto)
Giusto, però spero che chi parteciperà al cammino sinodale lo viva come priorità, quasi come un impegno vocazionale.
La scuola di preghiera sarà quest’anno decentrata per favorire quanti vivono nelle periferie della diocesi e per essere d’aiuto a fare un cammino spirituale in preparazione al Sinodo. Cercheremo anche di girare le parrocchie per presentare bene la proposta della “cartolina” personale (don Andrea)
Agli incontri vicariali di novembre chi invitare? (don Mario Florentino)
Tutti gli interessati, quanti hanno a cuore Gesù Cristo e la chiesa.
Nella composizione dell’assemblea sinodale la presenza di tutto il capitolo dei canonici è eccessiva (don Silvio Delbuono)
Non voglio aggiungere altra carne al fuoco ma occorre uno sguardo a quanto accade nel mondo: non possiamo pensare solo all’organizzazione interna ma anche alle grandi questioni che il mondo sta ponendo (ecologia, pace). Non possiamo far finta che queste problematiche non ci siano: non possiamo neanche essere assenti come chiesa su questi temi, tanti si sono allontanati dalla chiesa perché non hanno trovato spazio in essa per parlare di queste temi (don Antonio Ferri).
Apertura al contesto mondiale: c’è una afasia dei cristiani nel confronti dei grandi problemi legati alle migrazioni. Il Sinodo dovrebbe spendere una parola su questo tema così importante (don Gianni Busoni).
L’assemblea si chiude con la preghiera dell’Angelus in suffragio del canonico Ernesto Bottero, la cui è morte è avvenuta la stessa mattina nell’ospedale di Ovada.