Don Michele Farina, sacerdote diocesano già missionario fidei donum a Cuba e che sta preparandosi ad una nuova missione con la Sma in Repubblica Centrafricana, aggiorna sulla drammatica situazione sanitaria e sociale di Cuba, dove è attiva tuttora la missione interdiocesana ligure.

Da diversi mesi la situazione economica di Cuba è gravemente peggiorata, la scarsità di alimenti, di medicine, è andata via via aumentando. A rendere la situazione ancor più critica da alcune settimane è l’aumentare dei contagi al Covid, gli ospedali sono al collasso, mancano le medicine e l’ossigeno, si sono creati centri di isolamento ma senza le condizioni necessarie; la gente è costretta a code infinite per reperire il cibo necessario per la giornata e gli assembramenti sono a volte inevitabili.

Da molte voci, anche da parte di medici, si chiede aiuto ad altri paesi, alla comunità internazionale, ma da parte del governo si continua a dire che la situazione è sotto controllo e che Cuba ha i mezzi per superare la crisi. Questa “ostinazione” delle autorità ha fatto sì che domenica 11 luglio accadesse qualcosa di straordinario: molte persone sono scese in strada per manifestare, tutto è cominciato a San Antonio de los Baños (a circa 30 Km. dall’Avana) e la cosa si è moltiplicata per molte altre città dell’isola, migliaia di persone al grido: “libertà” e “non abbiamo più paura”. Cose viste solo nel 1959, anno del trionfo della Rivoluzione.

Don Claudio Arata, missionario della diocesi di Chiavari, scrive così: “Proprio mentre l’Italia vinceva l’Europeo di calcio, a Cuba stava succedendo qualcosa di storico. Tante persone in molte città del Paese, da ovest a est, sono scese in piazza e per le strade per protestare contro il governo. Noi stiamo bene. Da noi la gente è tranquilla e non si espone molto. Però in tante città di Cuba ieri ci sono state tante proteste, anche con violenze e disordini. Non siamo sorpresi rispetto a quello che sta accadendo perché la situazione è davvero insostenibile.

È così da mesi, problemi economici, cibo che manca, zero medicine, pandemia con contagi fuori controllo e morti, mancanza di corrente programmata di sei ore quasi tutti i giorni. La gente è stanca, senza speranza, non vede aiuto e sollievo. Davanti alle proteste, come reagiscono tutti i Paesi non democratici ed autoritari, repressione e soluzioni drastiche come spegnere le comunicazioni internet dentro e con altri Paesi”.

Anche don Piero Pigollo, missionario genovese a Cuba, condivide la sua testimonianza: “Noi stiamo bene, qui la situazione, rispetto al resto del Paese, è più tranquilla… è da ieri sera che gli ‘amici di fronte’ (la sede del Partito Comunista Cubano) mettono musica e ogni tanto danno le  comunicazioni sulle misure restrittive per le prossime due settimane per via del peggioramento del Covid, o forse anche per vigilare meglio su eventuali disordini. Ieri il Presidente ha richiamato i rivoluzionari a rispondere scendendo in piazza e nelle strade. Noi qui non si può fare quasi niente, da oggi dopo le 13 non si può girare da nessuna parte”.

Ho raccolto anche la testimonianza di un sacerdote della diocesi di Camagüey, dove un suo confratello è stato arrestato: “Nel mezzo delle storiche proteste pacifiche e della violenta repressione da parte del governo cubano dell’11 luglio, padre Castor Álvarez è stato picchiato e detenuto a Camagüey mentre difendeva alcuni giovani manifestanti, il sacerdote si trova presso la questura di Montecarlo a Camagüey, accusato di disordini pubblici”. In un messaggio successivo mi ha fatto sapere che padre Castor, dopo circa otto ore di trattative del vescovo, è stato liberato e che si trova a casa sua con una ferita in testa curata con quattro punti di sutura.

Anche un seminarista della diocesi di Matanzas si trova detenuto, dopo che la polizia lo ha prelevato direttamente a casa dei suoi genitori, dove si trovava in vacanza. Conclude il suo messaggio il sacerdote di Camagüey: “La situazione è molto tesa, c’è molta violenza, soprattutto dopo che il Presidente di Cuba, Diaz-Canel, in un messaggio alla televisione domenica sera, ha invitato a usare ogni mezzo per fermare le manifestazioni. Pregate per noi, perché c’è molta tensione, paura e quello che è cominciato domenica non si fermerà”. Accogliamo perciò l’invito a pregare per Cuba, per la libertà e per la pace.

Il 12 luglio, infine, la Conferenza episcopale cubana ha diramato un comunicato in cui si legge: “Comprendiamo che il Governo ha delle responsabilità e ha cercato di adottare misure per alleviare le suddette difficoltà, ma comprendiamo anche che le persone hanno il diritto di esprimere i propri bisogni, desideri e speranze e, a loro volta, di esprimere pubblicamente come alcune misure che sono state prese, stiano pesando notevolmente.

È necessario che ogni persona contribuisca con la sua creatività e iniziativa e che ogni famiglia lavori per il proprio benessere, sapendo che quando ciò accade, si lavora per il bene della Nazione. In questo momento, come pastori, ci preoccupa che le risposte a queste affermazioni siano l’immobilità che contribuisce a dare continuità ai problemi, senza risolverli. Non solo vediamo che le situazioni peggiorano, ma anche che si va verso una rigidità e un indurimento delle posizioni che potrebbero generare risposte negative, con conseguenze imprevedibili che danneggerebbero tutti noi.

Una soluzione favorevole non si raggiunge con imposizioni, né invocando lo scontro, ma esercitando l’ascolto reciproco, cercando accordi comuni alla ricerca di passi concreti e tangibili che contribuiscano, con l’apporto di tutti i cubani, senza esclusioni, a costruire la Patria ‘con tutti e per il bene di tutti’. Questo è il paese che vogliamo”.