È la Messa in Coena Domini, memoria del gesto di Gesù, che rischiara quella terribile “notte in cui veniva tradito”. Gesto che dice la dismisura del suo amore per i suoi: “fino alla fine”, fino all’illimite dell’amore.

Gesto talmente ricco che chiede una doppia narrazione: la fractio panis e la lavanda dei piedi. Dove una narrazione spiega e illumina l’altra.

Gesto che Gesù chiede ai suoi di rinnovare, nel tempo disteso della storia: “fate questo in memoria di me”; “vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.

Questa nostra Messa è segnata dal dolore di una mancanza: è celebrata dal Vescovo in solitudine, ed è quindi una celebrazione senza la presenza del Popolo santo di Dio che è la Chiesa. Certo, vi è una presenza misteriosa, invisibile: quella di Maria, degli angeli e dei santi, presenza invisibile ma reale; e anche quella dei fratelli e delle sorelle che stanno pregando con me, a casa. Ma è comunque una celebrazione “senza corpo”, e non potrò lavare i piedi ai poveri e ai fratelli; e da casa non è possibile cibarsi del pane. Per questo, ci sono chiesti una fede e un amore più grandi, per reggere questa mancanza.

Il giorno prima di morire, Gesù chiede ai suoi di amare come lui stesso ci ha amati. Ed è quello che chiede a noi in questo tempo così faticoso. Ci chiede di amare. Dai medici, in questo tempo, stiamo imparando la concretezza dell’amore. E’ una lezione anche per noi. Perchè l’amore va praticato, più che detto a parole. Affrettiamo ad amare, in questa Pasqua!

Ma oltre che la concretezza, siamo chiamati a praticare la profondità dell’amore. Perchè c’è una qualità dell’amore che non è nostra, ma ci è data. E allora l’amore si fa preghiera. Quella preghiera che vivremo in casa, senza la possibilità di stare, in questa notte, ad adorare il mistero del Dio fatto Pane. Una preghiera che però è feconda, e sconfiggerà il virus.

Per questo possiamo far nostre le parole dette dal card. Martini in tempo di guerra: “se la guerra sarà abbreviata…ciò sarà certamente anche perché nei vicoli delle città dell’Oriente, nei meandri attorno alle moschee o sulla spianata del muro occidentale di Gerusalemme…ci sono piccoli uomini e piccole donne, di nessuna importanza, che stanno là, così, in preghiera, senza temere altro che il giudizio di Dio”.

Se questo tempo finirà presto, sarà anche per la nostra preghiera, in questi giorni di Pasqua, nelle nostre case.