La nostra Cattedrale è questa sera per noi il Cenacolo. Un luogo d’intimità e di raccoglimento, nel quale facciamo memoria dell’ultima notte di Gesù con i suoi amici, quando “li amò sino alla fine”, lavando loro i piedi e facendosi pane.
L’ultima notte è come un testamento. Ci consegna l’intimità più profonda di Gesù, il suo “sapere”: “sapendo che era venuta la sua ora”. Il giorno dopo, sulla croce, dirà: “è compiuto”. Questa ultima notte è allora il Suo “eccomi”: l’eccomi del compimento. Quando non trattiene più nulla. “Quando l’amore è veramente dato” (Padre Lebreton).
La vita di Gesù si fa dono nel segno dell’Eucaristia. Eucaristia come pane (Paolo, la seconda lettura), Eucaristia come diaconia (Giovanni, il vangelo).
Un dono che diventa vita (“sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”, Gv 10,10) e che diventa presenza. Presenza da adorare, presenza presso la quale stare, questa notte…Per ascoltarlo, per imparare, per imitarlo (“fate questo in memoria di me”). Per amarlo e ancor più per lasciarci amare da Lui.
Ma questo ci chiede allora di riscoprire e vivere l’Eucaristia come vita, come Pasqua, e non come cosa sacra o precetto festivo. Come vita, perché “senza Eucaristia non possiamo vivere” (i martiri di Abitene, II secolo).