La festa del Corpus Domini nasce nel 1200 per riconoscere celebrare e contemplare la presenza del Cristo Risorto nel Pane eucaristico. Siamo ricondotti al cuore del mistero: la dismisura dell’amore di Dio, che accompagna il nostro cammino con la stessa tenerezza concreta (la manna!) con la quale ha accompagnato il cammino d’Israele nel deserto (è il testo bellissimo del Deuteronomio).

L’inizio del testo evangelico che abbiamo appena ascoltato (tratto dalla parte finale del solenne discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao raccolto nel capitolo 6 di Giovanni) suona come un’ autopresentazione: “io sono il pane vivo, disceso dal cielo”. Ma non si tratta solo di un’immagine: si tratta di mangiare (letteralmente di masticare), e il verbo è ripetuto 8 volte (e 3 volte ricorre l’espressione “bere il sangue”)!

All’inizio e alla fine del nostro testo è poi indicata la grazia “nascosta in quel cibo: “chi mangia questo pane vivrà in eterno”. La vita eterna: ecco il sogno di Dio per l’uomo, segno della dismisura del Suo amore, di cui il Pane è sacramento! È lo stesso linguaggio della scorsa domenica, festa della Trinità: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.

Ecco allora il senso della vita cristiana, che troppo spesso abbiamo impoverito, riducendola a perbenismo, ritualismo o tradizione culturale: è l’offerta di una pienezza di vita e di gioia. È una intimità possibile: “chi mangia la mia carne e bene il mio sangue rimane in me e io in lui”. La possibilità “che si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte” (Bobin).