S.E. Rev.ma Mons. Calogero Marino
In quanto Pastore della Chiesa diocesana, il vescovo è il titolare della chiesa Cattedrale, la chiesa-madre della Diocesi.
La Cattedrale è la chiesa del Vescovo. Da Domenica 15 Gennaio 2017, S.E. Rev.ma Mons. Calogero Marino è il Vescovo della Diocesi di Savona-Noli.
Mons. Calogero Marino è nato a Brescia il 26 Marzo 1955.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Genova, è entrato poi nel Seminario di Chiavari, frequentando la facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Ha conseguito la Laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense.
E’ stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1982 per la Diocesi di Chiavari.
Tra gli incarichi pastorali più significativi da lui svolti si segnalano:
segretario particolare di Mons. Daniele Ferrari e successivamente di Mons. Alberto M. Careggio, entrambi vescovi di Chiavari;
rettore del Seminario diocesano;
dal 1997 parroco di S. Maria Madre della Chiesa, in Lavagna e Assistente diocesano e regionale dell’Azione Cattolica;
dal 1999 Vicario Giudiziale Diocesano, con un servizio reso al tribunale Ecclesiastico Regionale Ligure;
direttore Spirituale del Seminario di Chiavari, delegato vescovile per il Diaconato Permanente, membro della Commissione diocesana per l’evangelizzazione e la catechesi, delegato vescovile per l’ecumenismo;
docente di Teologia Morale e di Diritto Canonico presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Chiavari.
Il 20 Ottobre 2016 Papa Francesco lo ha chiamato a succedere a Mons. Vittorio Lupi quale Vescovo di Savona-Noli. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale a Chiavari, il 17 Dicembre 2016 per mano del Vescovo di Chiavari Mons. Alberto Tanasini.
L’ingresso in Diocesi è avvenuto a Savona il 15 Gennaio 2017.
L’ingresso a Noli è avvenuto Domenica 22 Gennaio 2017.
Il motto: IN MANUS TUAS
IN MANUS TUAS (‘nelle tue mani’) esprime il pieno affidamento del Vescovo nelle mani di Dio.
Riprende le parole di Gesù in croce:«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Gesù le pronuncia nel momento più alto della Sua missione salvifica: sta morendo in croce, sta dando la sua vita al Padre per la salvezza dell’Uomo.
Solo nell’affidamento fiducioso nelle mani di Dio è possibile l’esperienza della fecondità e della vita.
Prima di ogni altra cosa, il Vescovo è colui che, seguendo le orme di Gesù Cristo, offre se stesso per il bene di coloro che gli sono affidati e confida pienamente nella Misericordia di Dio Padre.
Ma c’è un richiamo anche al Salmo 31,6: «Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti, Signore, Dio fedele».
E’ la preghiera di un fedele nel momento della prova: esprime il bisogno di affidarsi a Dio per superare le difficoltà, le insidie, le contrarietà che si oppongono sul cammino di fede.
Un motto, dunque, che ha certamente un risvolto “drammatico” ma che è pure espressione di una profonda serenità, che viene dalla consapevolezza di poter contare sempre sull’amore di Dio Padre.
Lo stemma episcopale
Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:
- uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
- una croce astile a un braccio traverso, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
- un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
- un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.
La croce astile è di tipo “trifogliato”.
Descrizione dello stemma e sua interpretazione
Sullo sfondo azzurro, colore di un cielo sereno e luminoso, si staglia un ramo di fico, che ha sulla sua sommità tre foglie tenerissime, che si stanno aprendo verso l’alto.
Poco sotto, innestanti su un segmento di ramo verde scuro, ci sono due frutti: due fichi, dei quali uno in stato di maturazione più avanzato rispetto all’altro.
Il ramo di fico continua verso il basso con il suo caratteristico colore grigio: legno maturo, elemento portante di tutta la vitalità della pianta.
Sullo sfondo del ramo sono accennate altre foglie, meno definite, di colore verde scuro, anch’esse rivolte verso l’alto.
La fonte ispiratrice di questo stemma è un versetto del Vangelo secondo Marco:«Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina» (Mc 13,28).
E’ il forte invito di Gesù ad essere pronti nel riconoscere la novità del Regno di Dio che, con la sua vitalità e freschezza viene a far nuove tutte le cose.
La presenza di Gesù tra gli uomini è la primavera che prelude ad una stagione fruttuosa e gioiosa (l’estate) nella quale si esprimeranno in modo definitivo e pieno i frutti della Misericordia di Dio Padre.
I colori chiari richiamano la freschezza della primavera: tempo di attesa dinamica e gradevole che annuncia il Vangelo di Salvezza.
In modo particolare, l’azzurro esprime la luminosa e serena trasparenza del mistero di Dio, che ama l’Umanità e la incontra per farla felice. Un mistero di amore che effonde serenità, luce e pace.
Su questo sfondo “celestiale” la maggior parte della superficie dello stemma è occupata dalle tre foglie tenerissime che, dalla sommità del ramo di fico, si aprono verso l’alto, quasi fossero mani che si allargano per ricevere il Dono di Dio (Gesù Cristo) e per esprimere la preghiera, la lode e il ringraziamento per le Sue meraviglie.
I frutti (i due fichi) che sono subito sotto il fresco germoglio della pianta, dicono che la pianta è già in grado di fruttificare, perché già nutrita dalla Grazia. E proprio la diversità delle forme e delle dimensioni dei due frutti rappresenta bene la dinamicità vitale della pianta che produce nel tempo diverse generazioni dei suoi frutti.
La maturità della pianta di fico è espressa anche dal colore grigio del ramo (colore tipico e naturale della pianta matura) e dal fogliame scuro che gli è disegnato dietro, in basso. Una maturità che esprime esperienza, legame con la Tradizione più autentica e sempre viva: una pianta, dunque, che è sempre giovane e vitale pur essendo carica di anni.
Novità ed esperienza di vita sono le due caratteristiche che, inscindibilmente unite tra loro, indicano l’equilibrio e la salute della pianta.
Una allegoria della Chiesa, che è radicata saldamente nell’antico annuncio profetico delle promesse di Dio e che si conserva sempre giovane perché immersa nei doni che Dio continua a elargirle.
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