Il sogno e l’augurio di monsignor Marino sulle colonne del mensile diocesano Il Letimbro “La nostra Chiesa diventi come una sinfonia e che il sì di ciascuno sostenga l’obbedienza degli altri. Allora, davvero, Natale sarà come una grande festa di nozze e il Dio dell’alleanza e della pace verrà nelle nostre case, ad abitare la vita di ciascuno di noi”.
A poche ore dal Natale e dalla Messa di mezzanotte, diramiamo la riflessione-editoriale che il vescovo Calogero Marino ha affidato alle colonne de Il Letimbro in occasione delle feste, le prime che trascorre a Savona e alla guida della nostra diocesi.
Il 17 dicembre dello scorso anno sono diventato Vescovo e ho poi fatto Natale a Lavagna, in parrocchia. Quest’anno, vivo la gioia del Natale qui a Savona, dopo mesi molto belli, trascorsi con in cuore il desiderio di conoscere nomi e volti, di imparare ad abitare questa Chiesa savonese, di incontrare. Sì, ci sono state tante cose: la festa grande del 18 marzo, la lettera pastorale, la scuola di preghiera, l’avventura sinodale… Ma credo che il filo rosso che può unire ogni cammino sia proprio quello dell’incontro. Incontrare è stato ed è tuttora il mio desiderio più profondo.
Mi piace allora leggere anche il mistero di Natale nell’ottica dell’incontro. Certo, l’incontro che si vive in casa, tra familiari, nella gioia del condividere la mensa e alcune ore tranquille. Ma più radicalmente l’incontro nuziale tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa.
Legare il mistero di Betlemme e la gioia delle nozze può sembrare strano, ma è stato così innanzi tutto per Maria, la Madre di Gesù, la donna che dice il suo “eccomi” e così accoglie l’amore fedele di Dio e il suo “impossibile” regalo: “non temere…Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Vivere il Natale con Maria significa accogliere nel cuore e nella vita la visita dello Sposo, il Dio fatto bambino, perché “Dio abita dove lo si lascia entrare” (detto rabbinico).
La mentalità profonda di ciascuno di noi è, invece, quella mondana dell’autodeterminazione, descritta da Newman pensando al tempo precedente la conversione: “non sempre pregai perché Tu mi guidassi. Amavo un tempo scegliere da me il cammino, amavo il giorno chiaro, disprezzavo la paura: ora guidami Tu!”.
Ma questa obbedienza che accoglie lo Sposo siamo chiamati a viverla nella concretezza della vita reale, perché Dio non può abitare solo i pensieri e i buoni sentimenti. Il vangelo deve entrare nella vita quotidiana, trasfigurandola, perché “vi è una certa maniera di lavarsi -ha scritto il teologo Olivier Clément- di vestirsi, di nutrirsi, una certa maniera di accogliere l’altro, di compiere le occupazioni quotidiane, spesso poco entusiasmanti, pesanti, ripetitive…” Una maniera nuova di abitare il mondo: questo significa vivere il Natale.
Mi piace pensare alle vite semplici di ciascuno di noi, come a modi personalissimi per vivere il Natale e alle diverse vocazioni come a modi diversi per dire lo stesso “eccomi” sponsale.
Penso a come sarebbe bello e “colorato” il volto della nostra Chiesa se i diversi “eccomi” s’incontrassero nella reciprocità, perché l’obbedienza di ciascuno di noi non può essere tale senza il sostegno dell’obbedienza degli altri. Perché “l’altro non è un estraneo, l’altro è la mia obbedienza, la mia religione, il mio amore a Dio, il mio cammino” (Arturo Paoli).
Penso a Luis, che è diventato prete, e spero che il suo sì dia coraggio a ciascuno di noi, penso alla obbedienza semplice di tante religiose. E penso ai tanti sposi che ho incontrato in questi mesi, che vivono gioiosamente e con fiera discrezione il loro matrimonio. Da loro sono aiutato nel mio ministero di Pastore e grazie a loro è reso più bello il volto della Chiesa di Savona.
Ecco allora il mio sogno per questo Natale: che la nostra Chiesa diventi come una sinfonia, e che il sì di ciascuno sostenga l’obbedienza degli altri. Allora, davvero, Natale sarà come una grande festa di nozze, e il Dio dell’alleanza e della pace verrà nelle nostre case, ad abitare la vita di ciascuno di noi.
Savona, 24 dicembre 2017